Oasi di Città: giovani formano la città

Workshop nell’ambito della Biennale Urbana – Malamocco, Lido di Venezia (22-28 maggio 2016)

Oasi di Città si inserisce nel programma di Biennale Urbana, nata nel 2014 per iniziativa di due urbanisti dell’Università di Venezia (IUAV) assieme a Lorenzo Romito e Giulia Fiocca dell’ “osservatorio nomade” Stalker di Roma. Il gruppo promotore, attraverso interventi e workshop, intende spingere affinché la Biennale di Architettura di Venezia assuma un ruolo trasformativo per i tessuti urbani in cui si inserisce a insiste, agendo direttamente sui luoghi critici della città (si veda in proposito l’intervista rilasciata a Il Manifesto, “Biennale Urbana: esperienze collettive nello spazio pubblico”, 24/09/2016).

Questo progetto in particolare è nato da alcuni felici incontri. Nell’autunno 2014, la scuola tedesca Landesarbeitsgemeinschaft (LAG) Architektur und Schule ha preso parte, con gli studenti e insegnanti in visita alla Biennale di Architettura, a una delle passeggiate esplorative promosse dal gruppo di Biennale Urbana al Lido di Venezia, venendo così a scoprire l’esistenza di numerosi luoghi abbandonati e immobili sfitti, tra cui molti potenzialmente ri-attivabili.
E’ nata così l’idea di un workshop sul recupero di aree abbandonate del Lido di Venezia, sostenuto in primis dall’Associazione Officina Marinoni e dall’associazione Momos che hanno poi coinvolto l’Associazione Festeggiamenti Malamocco e l’Azienda Agricola “Sale in Zucca”, per mettere a tema il possibile riutilizzo di alcuni spazi del Lido e includere attivamente i cittadini nella loro progettazione.

L’associazione Ruderi ha collaborato al progetto “Oasi di Città” con uno dei nostri architetti, Mario Festa, che insieme agli insegnanti ed architetti della LAG ha accompagnato il percorso formativo degli studenti di LAG e di quelli del Liceo Artistico Modigliani che hanno preso parte al workshop realizzato presso l’Azienda Agricola “Sale in Zucca”. Il workshop ha portato alla riqualificazione di alcuni spazi dell’azienda agricola stessa, come il padiglione per la vendita dei prodotti, ma anche alla realizzazione di altre strutture fatte con materiali naturali (legno, bambù e canne palustri in particolare), tra cui un ponte e un gazebo che saranno funzionali ad ospitare e rallegrare le attività educative e momenti di socialità in campo promossi dall’associazione culturale Momos.

Partner

Liceo Artistico A.Modigliani (Pd), ass. Officina Marinoni, ass. Festeggiamenti Malamocco, ass.MOMOS, Azienda Agricola “Sale in Zucca”
Collaborazione con la scuola tedesca Landesarbeitsgemeinschaft (LAG) Architektur und Schule (Monaco, Germania)

Architetture viventi, costruire con canne palustri e bambù

Laboratorio di rural design realizzato nell’ambito del progetto Bakeka 1621 – Malamocco, Lido di Venezia (10-14 giugno 2015)

Il progetto Bakeka 1621, finanziato con fondi del Servizio Sociale della Municipalità di Venezia, Murano e Burano, ha come obiettivo quello di “facilitare i ragazzi dai 16 ai 21 anni a cogliere le opportunità presenti nel territorio siano queste nell’ambito scolastico e formativo oppure nell’ambito lavorativo”. Nel giugno 2015, l’associazione Ru.De.Ri è stata invitata dall’associazione MOMOS a co-progettare un laboratorio di rural design destinato ai partecipanti del progetto Bakeka 1621.
Considerate le proprietà e la facile reperibilità di canne palustri al Lido di Venezia si è pensato di utilizzare questo materiale naturale per le attività del laboratorio che si è tenuto presso l’Azienda Agricola “Sale in Zucca” (Malamocco, Lido di Venezia). Ai partecipanti sono stati dapprima presentati i principi del rural design e alcune tecniche costruttive di base, e nei giorni successivi sono stati guidati nella costruzione di un gazebo.

Partner

Servizio Sociale della Municipalità di Venezia, Murano e Burano, Associazione MOMOS, Azienda Agricola “Sale in Zucca”

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    INVENTARIO: Mappatura creativa del Matese

    Programma Workshop

    * Tutti gli itinerari proposti verranno realizzati anche in caso di bel tempo (cit. Vaghe Stelle) quindi portate tutto quello che vi occorre, oltre al k-way anche un cappellino e la crema solare, che non si sa mai!

    * Si consiglia un abbigliamento comodo e scarpe da ginnastica (o da trekking per l’itinerario di domenica pomeriggio).

    * Per poter documentare e poi inserire i punti sulla mappa – nel corso delle esplorazioni o al ritorno a casa – i partecipanti sono invitati a portare con sè macchina fotografica e/o smartphone e/o tablet, e anche un semplice taccuino per appunti.

    Sabato 14 Aprile 2018

    Ore 14:30 ritrovo alla Pro Loco di San Potito Sannitico

    Ore 14:30 ritrovo al centro polifunzionale ex-GEZOOV (San Potito Sannitico)

    Dopo una breve introduzione del progetto partiremo per il primo itinerario di esplorazione e mappatura in zone incerte tra rurale e urbano, agricolo e industriale.
    Invitiamo tutti a venire in bicicletta perché il primo itinerario sarà percorso con questo mezzo che ci sta molto a cuore. La bicicletta infatti non solo non inquina ma ci aiuterà anche a vedere, a una velocità diversa, territori che spesso attraversiamo di fretta e senza prestarvi molta attenzione (IMPORTANTE: se non avete una bici e volete partecipare avvisateci e faremo in modo di trovare una bici anche per voi!).

    Domenica 15 Aprile 2018

    Ore 10:00 ritrovo alla Biblioteca di Piedimonte Matese

    Dopo qualche minuto di introduzione per gli amici che si sono persi l’itinerario di sabato pomeriggio partiremo alla volta del secondo percorso, che verrà fatto a piedi. Esploreremo angoli magici e nascosti, ma spesso dimenticati e abbandonati, del cuore storico e culturale del Matese.

    14:30 ritrovo al Palazzo Ducale di Piedimonte Matese

    Dopo qualche minuto di introduzione per gli amici che si sono persi il primo e il secondo itinerario, partiremo alla volta del terzo percorso. Questo itinerario, realizzato in collaborazione con l’associazione Love Matese, ci permetterà di cogliere altre particolarità del sistema Matese: pochi centri urbani collegati fra loro da una rete di sentieri di montagna.

    Giovedì 3 Maggio 2018

    Ore 21:00 presentazione di “Inventario” e proiezione di “Piccola Terra” 

    Ore 21:00 In occasione del Festival Altre Prospettive (San Potito Sannitico, 26 aprile – 12 maggio) Ru.De.Ri presenta Inventario: mappatura creativa del paesaggio del Matese, al Teatro comunale di San Potito Sannitico.
    Nella stessa serata verrà proiettato “Piccola Terra” (2012), un film di Michele Trentini che racconta il paesaggio terrazzato della Valbrenta e le storie delle donne e degli uomini che attraverso l’iniziativa “Adotta un terrazzamento”, stanno cercando non solo di contrastare l’abbandono ma anche di inniettare nuove energie per ri-abitare queste montagne. 

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    Storia del Matese

    La storia del Matese ha origine nel Mesozoico.
    In quel periodo il Matese ancora non esisteva e al suo posto c’era il golfo di un immenso oceano: la Tetide.
    Circa 50 milioni di anni fa, nel Paleocene, la placca Africana – nel continuare la sua avanzata verso nord – comincia a chiudere la Tetide, dando inizio all’orogenesi appenninica e al sollevamento del Matese dai fondali. Nell’Eocene, la Tetide finalmente si chiude lasciando il posto al Mar Mediterraneo. Ancora oggi, il Matese, è un’isola sull’Appennino meridionale, ricca e lussureggiante. In alto mare.

    Compreso fra due regioni (Molise e Campania) e quattro province (Campobasso, Isernia, Caserta e Benevento) questo massiccio montuoso dell’Appennino sannita è diventato Parco regionale dal 1993. L’area, vasta oltre 33.000 ettari, non è omogenea dal punto di vista geomorfologico e socio-economico e non può essere intesa in maniera unitaria, l’economia è piuttosto debole e risente pesantemente dello spopolamento avvenuto nel secondo dopoguerra e della scarsa integrazione tra le diverse attività produttive.

    Margini

    Nell’immaginario collettivo il Matese, come gran parte del Sud Italia, è un margine. Ma il margine è anche un’occasione, la terra promessa di pionieri ed esploratori oltre che un dispositivo culturale. Attraverso INVENTARIO quello che ci proponiamo è proprio di esplorare questo margine. Lo faremo con il corpo ma anche con la fotografia e le nuove e vecchie tecnologie, in quanto strumenti capaci di muoversi tra gli steccati disciplinari e settoriali, così come di varcare frontiere spazio-temporali, ispirare progettualità, riposizionamenti e, soprattutto, contribuire alla ridefinizione stessa di concetti e convenzioni.

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    Cosa sono i catasti comunali?

    I catasti comunali hanno origini molto antiche e sono da sempre costituiti da documenti, mappe e atti vari che permettono di individuare la superficie, i possessori, e la cronistoria delle mutazioni dei beni immobili esistenti sul territorio dello Stato che appartengono tanto a soggetti privati che pubblici (comprese le superfici occupate da strade e acque). Questa modalità di archiviazione, pur utilissima, è tuttavia espressione anche di rappresentazioni e convenzioni che vanno, spesso, rimesse in discussione per poter avviare dei processi di rigenerazione. Chi stabilisce cosa è un bene? Cosa è marginale e cosa centrale? Quali elementi e attività sono risorse e quali carenze?

    Queste nozioni e convenzioni rivestono un ruolo cruciale nei nostri stili di vita, così come nelle scelte abitative e di investimento di singoli e organizzazioni. Avviare, come ci proponiamo con INVENTARIO, un percorso di indagine e mappatura che porti alla realizzazione di un nuovo tipo di catasto ci è pare quindi un’impresa non più rimandabile. Bisogna costruire collettivamente catasti distribuiti e aperti che contengano anche tracce della componente emotiva legata a questi beni, così come degli immaginari e dell’immaginazione che li plasmano non solo per poter scandagliare, comprendere e documentare i territori che abitiamo tutti i giorni, ma anche per poter agire una prospettiva e un’intenzione diversa, e far emergere, insieme alle caratteristiche oggettive, alle difficoltà e alle contraddizioni, anche il potenziale delle risorse – (ri)conosciute e non – di un territorio.